Cosa resta di Amleto se gli leviamo la morte e la barattiamo con la malattia? Chi diventano la regina e il figlio se al posto della vendetta il motore di ogni azione diventa il potere? Massimo Foschi e Manuela Mandracchia danno vita a un dramma prima del dramma. Perché «il potere a questo serve: a continuare a comandare».

Re Amleto è malato: non ha più memoria. Non ricorda niente, né sua moglie, né suo figlio Amleto e tantomeno il viso del fratello Claudio. Non ricorda niente ma comanda ancora, ha ancora potere di vita e di morte su tutti.Immaginare quel che può accadere prima di quel «vendica il mio brutale e snaturato assassinio» da cui prende vita l’Amleto, significa provare a scoprire intrecci e motivazioni che nel testo scespiriano si affidano solo alla fantasia dello spettatore. Se cambiassero le premesse, la storia di Amleto sarebbe comunque piena di uccisioni, vendette, assassini? E quali sono le storture che si generano in un gruppo stretto dal vincolo familiare e costretto a relazionarsi con il potere? È questa l’indagine che Veronica Cruciani, regista da sempre interessata al rapporto tra memoria e drammaturgia, compie sul testo del Bardo: alla ricerca di una storia il cui canone non è più, com’è stato per Amleto e per tutta la modernità, la parola “vendetta”. La protagonista femminile Manuela Mandracchia ha vinto, di recente, il Premio Maschere per il Teatro 2015 come miglior attrice.

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di Michele Santeramo


con Massimo Foschi, Manuela Mandracchia, Michele Sinisi, Gianni D’Addario, Matteo Sintucci


regia Veronica Cruciani
scene e costumi Barbara Bessi
luci Gianni Staropoli
musiche Paolo Coletta


Teatro di Roma