Teatro Gobetti
17 – 22 marzo 2015.

Quando il Signor G. arrivò a quella che lui stesso definiva “l’ultima ricorrenza”, il 1° gennaio 2003, Michele Serra scrisse su “Repubblica”: ≪Gaber bisognava vederlo. Per quanto la voce fosse così intonata, la pronuncia così chiara, le canzoni così dense, non era uno chansonnier. Era un attore che cantava, era puro teatro. Era la canzone che si incarnava. Il suo corpo sottile, vulnerato fino dall’adolescenza, nevratile, flessuoso, nella solitudine del palcoscenico sprigionava un’energia quasi medianica, un pathos quasi imbarazzante≫. Malgrado fosse molte cose – il primo interprete del rock and roll in Italia, un commediografo, un intellettuale profondo, un caustico pensatore – Giorgio Gaber trovava la sua casa solo nel teatro. Per il teatro, negli anni ’70, rinunciò alla carriera televisiva e a produrre un disco dietro l’altro; per il palcoscenico inventò, insieme al sodale Sandro Luporini, il nuovo genere della “canzone a teatro”, che subito fece scuola. È proprio al teatro-canzone che Bruno Maria Ferraro si rifà dunque portando in scena il suo omaggio all’amato Gaber: Tangram Teatro si sofferma così sull’ultima produzione dell’artista – canzoni e monologhi che affondano con la consueta tagliente ironia nel tema generazionale – quasi per lanciare una sorta di staffetta ai più giovani: quelli che Gaber, in scena, non hanno avuto mai la fortuna di vederlo.

01_TST Comunicato stampa_QUALCUNO ERA GIORGIO GABER