Valerio Binasco, nuovo direttore artistico del Teatro Stabile di Torino, torna a un testo classico, come nelle sue migliori prove registiche. Don Giovanni è uno dei personaggi più frequentati dalla letteratura: seduttore incallito, ateo, criminale, è il protagonista della commedia tragica.

Valerio Binasco è un regista che ha saputo imporre una cifra stilistica di grande originalità, mantenendo al contempo il rispetto per i testi che mette in scena, senza che questo costituisca un ostacolo al coinvolgimento degli spettatori: «Quel che provo a fare, è mettere insieme quello che come regista e attore ho imparato da diverse fonti, dai maestri, dalle esperienze passate. Oggi avvertiamo un’urgenza sacrosanta: ossia di recuperare il rapporto con il pubblico. Per questo, dobbiamo fare l’impossibile per renderci comprensibili, per emozionare ogni spettatore, per non farlo sentire “estraneo” rispetto all’opera». Don Giovanni è il leggendario seduttore, mito della letteratura europea, simbolo non soltanto dei trionfi e delle ceneri dell’eros, ma anche della rivolta della libido contro le remore della teologia.  Comparso per la prima volta nel dramma di Tirso de Molina El burlador de sevilla y Convidado de piedra, è con Molière che acquisisce spessore e si traduce in mito della letteratura europea. Il 1665 è l’anno di una nuova offensiva del drammaturgo francese contro la morale dei benpensanti, cui seguirà una nuova, violenta risposta da parte del “partito dei devoti”. L’occasione si presenta con la sua nuova opera teatrale, Don Giovanni, che riprende il tema della religione già affrontato nel Tartufo. La commedia, in cinque atti in prosa, è strutturata in modo tale da far convergere tutte le scene sulla figura del protagonista. Molière seziona il tema della religione e della sua funzione nella morale e nella società. Il suo libertinaggio non è che una declinazione estrema della ricerca di libertà: anche nel momento in cui tale ricerca sfocia nell’ateismo e blasfemia non contraddice mai la figura dell’eroe-criminale solitario, che orgogliosamente osa portare la sua sfida anche contro Dio. La difesa dei principi della religione e delle verità della fede viene assunta da Sganarello, servitore ridicolo, che svilisce gli argomenti che tocca, inducendo a una caricaturale confusione tra religione e superstizione. Neanche la figura del Convitato di pietra, né il finale morale imposto dalla tradizione, riescono a riequilibrare la propensione degli spettatori verso l’immagine del libertino, immorale ed empio.


di Molière
con Fabrizio Contri, Lucio De Francesco, Giordana Faggiano, Elena Gigliotti, Gianluca Gobbi, Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Sergio Romano
e con Vittorio Camarota, Marta Cortellazzo Wiel
regia Valerio Binasco
scene Guido Fiorato
luci Pasquale Mari
costumi Sandra Cardini
musiche Arturo Annecchino
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale