È un’incantevole giornata di fine estate nella villa di campagna dell’ufficiale Giorgio Vanzi. I pettegolezzi da giardino hanno però preso una piega allarmante: pare che l’amico d’infanzia di Vanzi, il conte Romeo Daddi, sia improvvisamente impazzito. È geloso, dicono, della moglie Bice. Ma il rovello di Romeo è più profondo: è stato lui in realtà a tradire la moglie (e l’amicizia di Giorgio) con Ginevra Vanzi. Un adulterio consumato così, trascinati dall’istinto e dalle cicale, non si sa come. Quest’atto compiuto fuori dalla coscienza, senza responsabilità, apre uno squarcio in Romeo, riportandogli alla memoria un altro, ben più grave, delitto commesso da ragazzo. Preso dall’irrefrenabile bisogno di scoprire in se stesso e negli altri questi “delitti innocenti”, il protagonista dà allora inizio a una specie di seduta freudiana di gruppo…

Scritto nell’estate del 1934, Non si sa come è uno dei drammi più feroci di Pirandello. L’inconscio che sale a galla, rivelando la responsabilità di azioni compiute come in sogno, dà all’opera un senso di onirico sgomento. Da qui parte il regista Federico Tiezzi per mettere in scena, attingendo all’immaginario surrealista, un quartetto di personaggi che suonano Schubert mascherati da coccodrilli, mentre ≪si confessano sogni e pulsioni del cuore, in un sanguinoso mattatoio metafisico dove i corpi e le coscienze sono fatti oggetto di una violentissima vivisezione≫. E su tutti, il primo violino Sandro Lombardi, con baffi alla Dalì a sfidare il perbenismo e smascherare coscienze sporche, dirige il coro in una folle corsa autodistruttiva.

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