Martedì 5 marzo 2019, alle ore 19.30, debutta al Teatro Gobetti per la Stagione in abbonamento del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale L’ABISSO tratto da Appunti per un naufragio (Sellerio editore), uno spettacolo di e con Davide Enia, musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri.
L’abisso – prodotto da Accademia perduta, Romagna Teatri, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Biondo di Palermo – resterà in scena al Gobetti fino a domenica 10 marzo.

Da Appunti per un naufragio, nato da un reportage a Lampedusa, lo scrittore, attore e regista Davide Enia trae un cunto intenso e straziante sugli sbarchi (e le morti) nel Mediterraneo. Traumi, angosce, dolori e speranze dei sommersi e dei salvati: uno sguardo non neutrale su una tragedia contemporanea.

«Nascerà un’epica di Lampedusa. Ci vorranno anni. La storia della migrazione saranno loro stessi a raccontarla, coloro che sono partiti e, pagando un prezzo inimmaginabile, sono approdati in questi lidi». A dare voce ai disperati della più quotidiana delle tragedie contemporanee, quella degli sbarchi, e delle morti, sulle sponde del Mediterraneo, è lo scrittore, regista, attore e pluripremiato autore teatrale Davide Enia. Tratto da Appunti per un naufragio, edito da Sellerio (nato a sua volta da un reportage sull’estrema isola siciliana), L’abisso è il racconto lucido e straziante di questa realtà: le traversate, i soccorsi, gli approdi, le morti. L’autore palermitano utilizza i linguaggi propri del teatro – il canto, il “cunto” ma anche i gesti e i silenzi che nella sicilianità sono più narrativi delle parole – per comporre il mosaico di questo tempo presente: il
tempo presente della crisi.
Lo spettacolo è stato presentato in forma di studio nel settembre 2017 nell’ambito del progetto collettivo Ritratto di una Nazione al Teatro di Roma, trasmesso in diretta su Radio3 in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. «Quanto sta accadendo a Lampedusa non è soltanto il punto di incontro tra geografie e culture differenti. È per davvero un ponte tra periodi storici diversi, il mondo come l’abbiamo conosciuto fino a oggi e quello che potrà essere domani», dice Enia. Un’opera, la sua, che smuove le coscienze e ci obbliga a non voltarci ma a guardare il mare davanti a noi.

NOTE DI REGIA
«Come raccontare il presente nel momento della crisi. Questa domanda nasconde continue insidie. In assoluto, il continuo rischio di spettacolarizzare la tragedia. Il lavoro è indirizzato, quindi, verso la ricerca di una asciuttezza continua, in cui parole, gesti, note, ritmi, cunto devono risultare essenziali, irrinunciabili, necessari alla costruzione del movimento interno. Questo ha determinato il carattere performativo del lavoro in scena, in cui si riproietta se stessi nel preciso stato emotivo che ha generato tutto, immergendosi dentro quell’esatta condizione del sentimento, in un loop che si ripete replica dopo replica, in un ritorno continuo che non ha esito se non il suo essere rivissuto, parola dopo parola, gesto dopo gesto, suono dopo suono, trauma dopo trauma, cunto dopo cunto». Davide Enia

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