Martedì 24 gennaio 2023, alle ore 19.30, debutta al Teatro Carignano di Torino Maria Stuarda di Friedrich Schiller per la traduzione di Carlo Sciaccaluga e la regia di Davide Livermore. Lo spettacolo è interpretato da Laura Marinoni, Elisabetta Pozzi e da (in ordine alfabetico) Gaia Aprea, Linda Gennari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi, Sax Nicosia, Giua. I costumi delle regine sono di Dolce & Gabbana, i costumi di Anna Missaglia, l’allestimento scenico di Lorenzo Russo Rainaldi, le musiche di Mario Conte e Giua, la direzione musicale di Mario Conte, il disegno luci di Aldo Mantovani. Maria Stuarda, prodotto dal Teatro Nazionale di Genova, dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e dal Centro Teatrale Bresciano, sarà replicato per la Stagione in abbonamento dello Stabile fino a domenica 5 febbraio 2023.

Per il suo atteso ritorno sul palco del Carignano, Davide Livermore dirige il confronto appassionato tra la regina scozzese Maria Stuarda e sua cugina Elisabetta d’Inghilterra, la prima prigioniera della seconda. Nel dramma scritto da Schiller nel giugno dell’Ottocento, questa lotta per la corona si trasforma in uno scontro articolato su diversi piani emotivi (dall’invidia al martirio, dall’insulto alla preghiera): una battaglia serrata, che determinerà le future sorti non solo dell’Inghilterra, ma dell’Europa e del mondo. Le due protagoniste dello spettacolo (Laura Marinoni, Elisabetta Pozzi) si scambieranno i ruoli di sera in sera: un gioco di ruoli virtuosistico, che saprà svelare quanto, in fondo, due opposti siano spesso la stessa cosa e come questa cruenta dualità non sia altro che un riflesso dell’uguale.

 

Note di Davide Livermore

Schiller è uno dei geni del teatro di tutti i tempi: nella hit parade dei grandi raccontatori di storie e di affetti umani, rimane sempre nella top five. È il drammaturgo, l’uomo di teatro che ha compreso quanto una delle cose fondamentali per creare vertigine in una società sia partire da storie straordinarie e dalla qualità del racconto di queste storie. Le sue sono storie all’interno delle quali si trova davvero tutto. Con molteplici livelli di comprensione, a partire proprio dall’intreccio, che si dipana con colpi di scena capaci di ispirare gli autori dei feuilleton ottocenteschi o gli sceneggiatori delle serie Netflix. Ogni scena porta con sé un “colpo di teatro”, un avanzamento improvviso, un cambio di inquadratura emotiva di ogni personaggio. Insomma, Schiller è magistrale nel gestire la funzione narrativa e nel far entrare all’interno dell’arco del racconto una profonda indagine sull’animo umano, sulle emozioni di ciascuno di noi. E, nel caso di Maria Stuarda, sul ruolo della donna.

Non siamo più costretti dalla società o dalla nostra educazione a identificare il ruolo della donna in stereotipi: a partire dall’archetipo della donna che si sacrifica, di vittima sacrificale; oppure, successivamente, da quello della donna che ruggiva contro il sistema ma ne rimaneva vittima. Invece, in questo tempo così fluido a livello di gender, possiamo vedere con occhi diversi personaggi che normalmente tenevamo sospesi in teche di vetro, dandoli per scontati.
E la straordinarietà di affrontare testi classici è che mutano come mutiamo noi: danno sempre risposte straordinarie a quel che cerchiamo, che di tempo in tempo si trasforma a seconda dei bisogni della società. Elisabetta I, ad esempio, vista oggi, è incredibilmente diversa da quella che poteva sembrare ad artisti di quaranta o cinquanta anni fa. Stiamo vivendo cambi epocali, sia per la definizione dei sessi che per la nuova considerazione dei ruoli che i sessi stessi hanno all’interno della società.

Anche il tema religioso è molto importante. Lo rispettiamo con attenzione, ma lo teniamo sottotraccia. Ne parliamo, ad esempio, attraverso il personaggio di Mortimer, una invenzione di Schiller, che incarna il tempo storico, lo Sturm und Drang. Anche qui emerge la grandezza del drammaturgo: Mortimer è il motore della narrazione e fa saltare il banco, cambia la narrazione stessa. Questo personaggio non solo si invaghisce, ma è profondamente devastato dalla bellezza della fede cristiano-cattolica romana. In questa prospettiva, abbiamo adottato la nuova traduzione di Carlo Sciaccaluga, estremamente fedele all’originale tedesco. Fa leva su uno dei principi fondamentali della mia direzione del Teatro Nazionale di Genova: ovvero, la restituzione dei classici. La lezione che ho imparato con l’amore e lo studio della musica e dell’opera, e l’abitudine che ho di fidarmi della creazione fatta dai Grandi Maestri, è che saranno sempre più rivoluzionari loro – anche se calati nel tempo presente – di qualsiasi riscrittura fatta oggi, anche giustificata, ma arbitraria.

CS_Maria Stuarda