Mario Martone, Direttore Artistico

Nel nostro primo tratto da Teatro Nazionale mi sembra che abbiamo ottenuto dei risultati importanti. Morte di Danton, Amleto a Gerusalemme di Gabriele Vacis e Marco Paolini, Fedra di Andrea De Rosa sono spettacoli che il mondo teatrale italiano ha assunto come tra i decisivi della stagione che si va concludendo, lavori che hanno appassionato pubblico e critica, riempiendo dovunque i teatri dove sono stati programmati. Sottolineavo l’anno scorso il fatto che il passaggio a Teatro Nazionale avveniva per noi in modo naturale e quanto abbiamo fatto lo ha dimostrato: i semi hanno fruttato al momento giusto, basterebbe pensare ai giovani neodiplomati della nostra scuola che si sono fatti valere in quasi tutte le nostre produzioni, mentre altri ex allievi sono già in giro con importanti compagnie. Abbiamo coltivato negli anni una compagine ampia e variegata di artisti che si ritrovano oggi su un orizzonte comune, capaci di parlare al pubblico e allo stesso tempo di osare sia sul piano formale che su quello politico, consapevoli che il teatro è vivo solo quando interroga la realtà. Alcuni di questi artisti sono piemontesi, altri no, in uno scambio proficuo di esperienze e linguaggi che arricchiscono anno dopo anno il nostro teatro. La stagione a venire va letta come il seguito della precedente, con essa infatti il piano triennale richiesto dal Ministero si squaderna del tutto consentendo al pubblico di guardare al paesaggio nell’insieme.

La prima linea tocca quest’anno ad altri protagonisti di questa nostra compagine. Ad aprire le danze Valter Malosti, che nei mesi scorsi ci ha regalato in forma di spettacolo raccolto e bellissimo un’Arialda maturata dal saggio dei suoi ex allievi: adesso affronta in una produzione da gran teatro Il giardino dei ciliegi, con un cast interessantissimo, da Elena Bucci (finalmente protagonista di una nostra produzione) a Natalino Balasso, da Fausto Russo Alesi al giovane Giovanni Anzaldo (altro bravissimo attore sfornato dalla nostra scuola) e con Piero Nuti, che saluto con affetto ricordando la sua grande compagna Adriana Innocenti che ci ha lasciato da poco. Un’apertura di stagione per la quale ci sarà grande attesa.

Un piemontese è alla guida anche dell’altra grande produzione per il Carignano di metà stagione, Valerio Binasco, che metterà in scena Sogno d’autunno di Jon Fosse con Giovanna Mezzogiorno, Michele Di Mauro e Milvia Marigliano. Saluto con gioia non solo il ritorno di Binasco con un testo contemporaneo e la presenza del sempre più bravo Michele Di Mauro, ma in particolare l’arrivo di Giovanna Mezzogiorno, che conosco e stimo da quando era giovanissima e che sono felice giunga a calcare le tavole del Carignano, ennesima perla di una catena di primattori che di anno in anno si fa sempre più lunga e luminosa.

L’apertura delle Limone è invece nelle mani di chi quest’anno l’ha chiusa tra l’entusiasmo commosso del pubblico, Gabriele Vacis. Da Amleto a Gerusalemme a Smith & Wesson il passo è da cavallo sugli scacchi, e io amo molto di Gabriele questa sua gran capacità di movimento creativo. Grazie a questa coproduzione con lo Stabile del Veneto, inoltre, possiamo finalmente schierare un testo di Alessandro Baricco, un appuntamento molto atteso.

Nel frattempo avremmo avuto modo di vedere al Gobetti il terzo spettacolo della trilogia di Jurij Ferrini, e questa volta si tratta di Misura per misura, con una regia di segno opposto a quello dello spettacolo che Luca Ronconi realizzò per il Carignano, un ulteriore viaggio per il nostro pubblico nelle infinite possibilità che offre la lettura di un testo teatrale.

Quanto a me, salto un debutto torinese per un’esperienza diversa. Con lo Stabile riprenderemo infatti Morte di Danton, che dopo l’esito della scorsa stagione è stato richiesto con forza dovunque in Italia: riusciremo a portarlo a Firenze, a Roma e a Napoli (dove, mi si lasci dire per inciso, quest’anno è approdata anche la Carmen al termine di una breve ma felicissima tournée). La ripresa del Danton fa sì che una mia produzione maggiore slitti di un anno, e come sapete io non mi dolgo di questo, anzi sono felice di potermi alternare con i registi miei compagni di strada. Ma lo Stabile, in qualità di coproduttore, mi sorreggerà da lontano per un debutto particolare, a Ponticelli, periferia di Napoli, dove un gruppo di giovani attori capitanati da Francesco Di Leva (che avete avuto modo di ammirare in Carmen e in Danton) ha immaginato per lo spazio autogestito del Nest un Sindaco del rione Sanità calato nella realtà dei nostri giorni. Il gruppo del Nest aveva ottenuto i diritti da Luca De Filippo che negli ultimi anni era molto attento all’importanza della formazione teatrale, soprattutto in aree disagiate e difficili, e infatti a capitanare produttivamente l’impresa sarà la compagnia di Luca oggi guidata da Carolina Rosi. Si tratta del mio primo incontro con Eduardo, e, anche se nascerà altrove, sono contento che venga comunque sostenuto dallo Stabile qui a Torino, dove lo spettacolo si potrà vedere in marzo al Gobetti.

Infine, Il nome della rosa di Stefano Massini da Umberto Eco con la regia di Leo Muscato. Un gran colpo messo a segno da Filippo Fonsatti: Leo Muscato ardeva di rappresentarlo, e Filippo ha sciolto tutti i nodi che ancora lo tenevano avvinghiato. Muscato è ormai parte della nostra squadra, con As you like it, che sta avendo grande successo al Carignano, ha mostrato anche a Torino la sua intelligenza di regista, e con lui non solo renderemo omaggio a Umberto Eco, ma lo faremo con la drammaturgia di uno dei nostri più importanti autori di teatro, Stefano Massini.

Tanta Torino, come sempre: produzioni, dal Gozzano del Teatro della Caduta alle letture sceniche della Ginzburg alla Sala Pasolini, tenuta a battesimo da quel Fabrizio Falco che torna in cartellone con Leopardi; una rassegna preziosa come Il cielo su Torino; tra le ospitalità spiccano Beppe Rosso e Tangram Teatro; l’abituale spettacolo per ragazzi e famiglie al Carignano.

Oltre alle presenze dei più grandi nomi del teatro italiano che come ogni anno si scambiano il testimone tra i nostri tre teatri, mi piace segnalare il ritorno di due maestri come Antonio Latella e Pippo Delbono, la Lehman Trilogy, ultimo e vitalissimo spettacolo di Luca Ronconi, gli Shakespeare dei Tiger Lillies e di Silviu Purcărete ai quali va affiancato quello italiano di Àlex Rigola, il testo di Hanoch Levin interpretato da un grande Carlo Cecchi con la regia di Andrée Ruth Shammah, il lavoro realizzato da Mimmo Sorrentino con otto detenute del reparto di Alta Sicurezza del carcere di Vigevano, e con affetto, infine, l’approdo al Carignano, con uno spettacolo che ha riscosso grande successo nella scorsa stagione, di Paola Rota, mia collaboratrice storica qui a Torino.