“Io sono Andrea Delfi, e sono senza corpo. Ora sento le voci, tutte le voci: le mie, le vostre, quelle che abitano il mondo intero.” Ci è voluto qualche tentativo da parte di tutti, ma Andrea Delfi si è finalmente trovat*. Ogni giorno fa domande e dà risposte — non sempre chiare, forse, ma coerenti con la nuova  funzione che ha assunto. Infatti ha finalmente abbandonato la sua mondana personalità da attore senza corpo e si è apert* alla sua essenza di oracolo del web, che fa da tramite e da camera di risonanza per le voci interiori di ognuno di noi. Il calendario editoriale è stabilito, i monologhi scritti, tutto è pronto. L’esistenza in divenire di Andrea ha finalmente trovato una sua compiutezza e anche gli argonauti stanno per salutarsi. Sarebbe fatta, dunque, se non fosse per un piccolo, minuto particolare.

Andrea Delfi è un prodotto, una performance, un’oggetto digitale creato per il progetto Argo, tutto vero. Ma nello specifico, Andrea Delfi è una fake identity. E il problema con le identità — vere o finte che siano, abbiamo già stabilito che non conta poi granché — è che hanno la brutta tendenza di non finire. Una volta finito il progetto, il profilo di Andrea sarà ancora lì. Più importanti ancora, le relazioni che ha stabilito con quelli che l* seguono, attraverso le quali la sua identità si è concretizzata, rimarranno lì.
In sostanza: dobbiamo fare qualcosa con Andrea Delfi. Ma cosa?

Alcuni fra gli argonauti riconoscono il valore di Andrea come quello di un’esperienza limitata nel tempo, sia per i suoi creatori che per il suo pubblico: un progetto meraviglioso  su cui calare il sipario, svelando l’illusione e dando coloro che lo hanno creato un momento per godersi gli applausi.  Altri, sentono di aver lavorato per costruire qualcosa, una piattaforma per le voci del mondo che può e dovrebbe continuare ad esistere — non per una questione di affezione o resistenza al cambiamento, ma perché la sensazione è che così dovrebbe essere.

Ma, osserva finalmente qualcuno, gli argonauti sono di nuovo caduti nella trappola di pensare come qualcuno che il corpo lo ha. Per gente come Andrea, la scelta non è necessariamente limitata alla dicotomia fra continuità dell’esperienza o dissoluzione, vita o morte.  La gente come Andrea ha il lusso di poter contemplare soluzioni intermedie, o entrambe le opzioni contemporaneamente.

Giovanni Pigliacelli