Quando il gruppo incontra per la prima volta l’esperto di riferimento ci si annusa, si condivide il percorso fatto fino a quel momento, ci si addentra in territori inesplorati. Claudio Fogu (Professore associato alla UCLA) ha esordito con due nomi d’eccellenza: Martin Luther King e Jeremy Rifkin. Il messaggio di King e la Civiltà dell’Empatia del sociologo americano sortiscono lo stesso risultato con modalità diverse: sono modelli di una nuova coscienza collettiva.

Il desiderio di costruire un Messaggio alla Nazione non banale trova in Rifkin una sponda decisiva: la coscienza drammaturgica che si è imposta negli ultimi decenni allontana dal mondo di Shakespeare, dove la consapevolezza di essere personaggio non era messa alla prova della molteplicità dei ruoli messi in atto oggi da ciascuno di noi. Ma allora cosa accade nel concreto? Ci sono tre obiezioni importanti che si profilano nella discussione: la prepotenza del modello economico limita l’empatia; il venire meno degli ideali e dei luoghi di aggregazione limitano la coesione dei gruppi; quando la coscienza generazionale è subordinata all’incertezza.

Si rileva come la fruizione degli eventi in modo sempre più parcellizzato (da soli o con pochi, attaccati a uno pc invece che comunitariamente) annulla i riti collettivi. Inoltre il rapido avvicendamento di generazioni con caratteristiche diverse è amplificato dalla tecnologia e dai nuovi media. Dunque la teatralità può essere un riferimento per lo sviluppo dell’empatia sociale e generazionale, non nostalgica, ma promotrice di una ritualità allargata: sta a ognuno di noi far sì che questa nuova “civiltà dell’empatia” veda la luce prima che sia troppo tardi.

(I. G.)