La vita di ognuno ha un punto di inizio, ma non sempre coincide con la propria nascita. Più spesso, l’istante in cui tutto comincia riguarda qualcosa che ha cambiato il nostro modo di guardare il mondo: un incontro, una morte, una possibilità di salvezza. I ragazzi di Centimorgan sono partiti da qui. “Dove inizia la tua storia?”, ha chiesto Gian Luca Favetto, alla guida del gruppo. Le risposte sono arrivate lentamente, lungo cinque giorni di profonda condivisione in cui ognuno degli attori si è presentato attraverso il racconto degli oggetti narrativi che lo hanno segnato con più forza: spettacoli, musica, film, tutto ciò che ha contribuito a costruirlo in quanto persona. Da François Truffaut a Mario Bava, da Moana Pozzi a Marina Abramović, dai Dervisci rotanti all’Isola Elephant, si è piano piano delineato il territorio da cui partire per disegnare la mappa del viaggio. Alla fine delle tre settimane di lavoro, il compito dei ragazzi è infatti quello di creare una mappa genealogica del teatro che è stato e che sarà. Una volta raccolto il materiale, Jacopo Romei – il map designer che accompagna il gruppo –, ha voluto sottolineare un aspetto importante, ovvero che “la mappa non è il territorio, altrimenti non si crea nulla di nuovo”. Perciò, la complessità del teatro come dimensione viva e luogo di esperienze, dovrà essere sintetizzata geograficamente, per creare una sorta di bussola da consegnare a chi vorrà unirsi al viaggio. Si tratterà di individuare le isole da fare affiorare e a cui dare nomi nuovi, provando a lasciare emergere gli spazi del teatro come arcipelaghi di libertà incontrollata e incontrollabile, da cui partire, tutti insieme. Sembra difficile parlare di partenza in un momento in cui le porte dei teatri sono chiuse. Eppure, c’è una domanda fondamentale che possiamo porci: “Dove scegliamo di fare accadere il teatro?”. Alessandro Avantaneo, editor del gruppo, nota come nonostante ora non possa succedere nel luogo fisico adibito, il teatro sia vivissimo e praticato dentro altre realtà: dal cinema, ai social network, a tutte le forme espressive che sopravvivono online. Si tratta solo di decidere se vogliamo che il digitale resti una protesi, oppure entri a far parte del suo codice genetico.

È una chiamata a riconquistare il teatro dall’interno, perché la sua energia poetica è sempre viva e, come ha detto Gian Luca Favetto, “lo spettacolo accade in questo momento o non accade più: è necessariamente contemporaneo. E se è da sempre contemporaneo, allora è più antico dell’antico; il teatro è eterno”.

Giulia Binando