PRIMO AMORE – STAGIONE 2021 /22

di LAMBERTO VALLARINO GANCIA / PRESIDENTE e FILIPPO FONSATTI / DIRETTORE

Solo il tempo saprà dirci se ciò che è accaduto nell’ultimo anno e mezzo avrà conseguenze irreversibili sul ciclo creazione-esecuzione-fruizione nel teatro, ma in ogni caso tocca a noi operatori la responsabilità di gestire qui e ora la transizione verso un rinnovato equilibrio tra la valorizzazione degli artisti e la partecipazione del pubblico.

Proprio in questa dinamica sottile tra offerta e domanda, il primo aspetto da rilevare nella presentazione della stagione 2021-2022 è l’organigramma artistico del prossimo triennio, che racconta la visione plurale e la missione culturale del nostro teatro di cui Valerio Binasco, nel suo ruolo di direttore artistico, continuerà ad essere essenza e anima: la sua capacità rara di rendere vivi e contemporanei i classici del repertorio e di farli dialogare col nostro tempo attraverso la centralità dell’attore e del testo è infatti il nostro fattore distintivo. E in forte sintonia e coerenza stilistica con questo modo di pensare e fare teatro si pone il lavoro di Filippo Dini che, dopo aver definitivamente conquistato la stima unanime di pubblico e critica in ambito nazionale, contribuirà in qualità di regista residente a consolidare la nostra identità.

Siamo tuttavia consapevoli che un teatro nazionale abbia pubblici diversi con esigenze varie e aspettative diversificate, che impongono una proposta stilisticamente complementare. Perciò nel prossimo triennio sono stati invitati come artisti associati due giovani esponenti del cosiddetto teatro di regia, la trentanovenne Kriszta Székely e il trentaduenne Leonardo Lidi. Se la prima, erede di Tamás Ascher e Gábor Zsámbéki al celebre Teatro Katona di Budapest, porterà una creatività assertiva di stampo europeo già mostrata nella rilettura di Zio Vanja da noi prodotta, per il secondo, formatosi alla nostra Scuola, si tratta di un felice ritorno a casa, nei ruoli di regista, didatta e dramaturg, dopo i successi alla Biennale di Venezia e al Festival di Spoleto ma anche al Teatro Carignano con La casa di Bernarda Alba, che sarà ripresa al Gobetti ad inizio stagione.

Nuovo e fecondo incontro possiamo definire invece quello con Alessandro Serra, con cui ci siamo trovati per condividere un tratto di strada in una fase di piena maturità del suo percorso professionale: artista totale e talento poliedrico – regista, autore, scenografo, light designer, sound designer – dopo il successo planetario del premiatissimo Macbettu ritornerà a Shakespeare con un’attesa nuova produzione de La tempesta.

Valerio Binasco proseguirà con la ricognizione del repertorio classico intrapresa fin dal suo approdo al vertice del TST, proponendo tre titoli: tra dicembre e gennaio il Carignano si trasformerà in un bosco per ospitare – potremmo dire ‘fuori stagione’ – forse la commedia più celebre di tutti i tempi, Sogno di una notte di mezza estate, mentre in primavera le Fonderie Limone saranno lo scenario di un dittico di tragedie di Euripide, Ifigenia e Oreste, che seguiranno un ideale percorso di indagine nel dolore dei figli e nella cupa solitudine della famiglia. A Filippo Dini, invece, va l’onore di inaugurare in autunno la stagione del Carignano con una nuova lettura dell’iconica Casa di bambola di Ibsen, manifesto del femminismo moderno, mentre al Gobetti proporrà in primavera la prima nazionale di Ghiaccio di Bryony Lavery, thriller psicologico che parla di pedofilia, tema scabroso della nostra società malata.

Nel 2022 ricorre il 400° anniversario della nascita di Molière e per l’occasione abbiamo chiesto a Leonardo Lidi di mettere in scena Il misantropo, convinti che sia l’artista più adatto a riproporre un testo fortemente generazionale. La produzione si inscrive nel programma ufficiale delle celebrazioni internazionali ed è integrata all’importante convegno organizzato dall’Università degli Studi di Torino in coincidenza con le recite.

Tra le coproduzioni salutiamo con grande gioia il ritorno di Mario Martone al Carignano con il suo ultimo lavoro per le scene, Il filo di mezzogiorno di Goliarda Sapienza, diario bruciante del percorso psicanalitico, ma anche inquieta biografia intima della eccentrica autrice catanese. E ancora la nuova creazione di Fausto Paravidino Peachum. Un’opera da tre soldi, che proietta il capolavoro brechtiano nella nostra società contemporanea, e quella di Emanuele Aldrovandi L’estinzione della razza umana, che porta in scena la quotidianità di due coppie divorate dalle loro contraddizioni. Infine, la regia di Emiliano Bronzino che esalterà l’attorialità vivida di Matthias Martelli per celebrare il 700° anniversario del sommo poeta con lo spettacolo Dante fra le fiamme e le stelle, e la rarità di Orson Welles Moby Dick alla prova, tratta da Melville, diretta e interpretata da Elio De Capitani.

Sul fronte delle ospitalità, possiamo affermare che il cartellone della prossima stagione riunirà i più importanti esponenti della scena italiana: i grandi interpreti Umberto Orsini, Giulia Lazzarini, Anna Maria Guarnieri, Renato Carpentieri, Ottavia Piccolo, Franco Branciaroli, Isa Danieli, Milvia Marigliano, Natalino Balasso; i registi Antonio Latella, Carlo Cecchi, Roberto Andò, Gabriele Lavia, Alessandro Gassmann, Pier Luigi Pizzi, Arturo Cirillo, Lisa Ferlazzo Natoli, Geppy Gleijeses, Serena Sinigaglia; tre campioni del teatro postdrammatico come Emma Dante, Rezza e Mastrella e due del teatro di narrazione come Ascanio Celestini e Lella Costa; le attrici e gli attori che valicano con successo il confine tra palcoscenico e schermo, come Paolo Pierobon e Donatella Finocchiaro, Sonia Bergamasco e Vinicio Marchioni, Deniz Özdoğan e Rocco Papaleo, Isabella Ragonese e Giuseppe Cederna, Francesco Di Leva ed Enrico Ianniello, Stefania Rocca e Massimiliano Gallo. E significativa è pure la rappresentanza dei migliori talenti della nostra Città: Michele Di Mauro e Jurij Ferrini, Olivia Manescalchi e Beppe Rosso, Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa.

La prossima stagione segnerà finalmente il ritorno delle ospitalità internazionali di teatri e registi di grande valore: saranno sulle nostre scene il Katona di Budapest che, in attesa della nuova produzione di Kriszta Székely per lo Stabile in programma nell’autunno 2022, presenterà la sua potente versione de Il cerchio di gesso del Caucaso di Brecht; il Teatro Nacional D. Maria II di Lisbona del quale accoglieremo Antonio e Cleopatra da Shakespeare nella acclamata versione di Tiago Rodrigues, oggi uno dei registi più contesi della scena internazionale e fresco della nomina a nuovo direttore del Festival d’Avignone; e infine il prestigioso Odéon di Parigi che tornerà a Torino con una nuova creazione del suo direttore Stéphane Braunschweig, Come tu mi vuoi di Pirandello. Da segnalare che nel prossimo mese di ottobre, lo Stabile ospiterà l’Assemblea Generale del network mitos21, di cui fa parte, che riunisce il gotha dei teatri europei.

Se la valorizzazione del repertorio è funzione cardine di un teatro nazionale come il nostro, non da meno è la commissione e programmazione di testi contemporanei, che nel prossimo cartellone avranno come sempre uno spazio rilevante con ben sedici titoli: oltre ai già citati Fausto Paravidino ed Emanuele Aldrovandi, si succederanno lavori di Stefano Massini e Lucia Calamaro, Emma Dante e Ascanio Celestini, Giuliana Musso e Maurizio de Giovanni, Gabriele Di Luca e Mario Gelardi, Flavia Mastrella e Antonio Rezza, e poi dell’australiano Andrew Bovell, della britannica Bryony Lavery, della statunitense JohnnaAdams, del catalano Jordi Galceran e del rumeno Csaba Székely.

La prerogativa del nostro teatro risiede senz’altro nelle caratteristiche degli artisti residenti e ospiti e nella qualità dei loro spettacoli e progetti, ma anche nella capacità produttiva e nell’ampiezza dell’offerta: ecco dunque che le 7 nuove produzioni esecutive, le 5 coproduzioni, le 4 riprese e i 32 titoli ospiti, per un totale di 619 alzate di sipario in sede e in tournée, non sono una manifestazione di forza esteriore ma rappresentano con la concretezza dei numeri la volontà di generare occupazione e favorire la partecipazione e, allo stesso tempo, testimoniano coraggio, fiducia e passione. Sentimenti che condividiamo con la comunità dei nostri spettatori, sempre più al centro delle nostre politiche culturali e verso la quale abbiamo rafforzato l’impegno in termini di accessibilità. Se da una parte, infatti, grazie alla Fondazione CRT, riusciremo a confermare l’iniziativa Un posto per tutti, che garantisce l’accesso ai nostri spettacoli alle fasce più deboli e svantaggiate, dall’altra, grazie al sostegno del bando Switch dellaCompagnia di San Paolo, doteremo le sale di dispositivi digitali che permetteranno al pubblico straniero e agli spettatori sordi, con difficoltà uditive o ipovedenti di assistere agli spettacoli.

Infine, un cenno all’immagine scelta per accompagnarci in questa nuova stagione, firmata dalla artistaolandese Gemmy Woud-Binnendijk: con questo scatto fotografico così pittorico riesce a coniugare due archetipi biblici al tempo presente, consentendoci di sintetizzare in esso il nostro desiderio di conoscenza e la nostra umanità, elementi fragili e talvolta in contraddizione, ma alla base della nostra essenza e del nostro primo amore, il teatro.

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